È notizia di oggi, diffusa direttamente dalla Coldiretti, l’associazione a tutela degli agricoltori, che a seguito della ratifica del trattato internazionale tra Europa e Canada denominato Ceta, sono a rischio circa 100 mila ettari seminati a grano, che non saranno più necessari. E quindi è a rischio la produzione di un prodotto principe del made in Italy, la pasta.
In effetti, questa situazione, ha delle origini storiche che risalgono al secolo scorso, quando in sede di fondazione della CECA, la comunità europea del carbone e dell’acciaio, l’embrione di quella che è oggi l’Unione Europea, la nostra classe dirigente di allora scelse di far diventare l’Italia una potenza industriale, invece che concentrarsi sulle proprie peculiarità enogastronomiche.
A quel tempo, siamo nel 1955, in piena ricrescita, che precederà il grande boom economico degli anni 60, poteva sembrare una scelta lungimirante. Con il senno di poi, insieme al dilagare degli OGM, delle minacce sempre più pervicaci alla biodiversità in tutte le sue forme, non sembra proprio una scelta molto lungimirante.
In effetti, il nostro paese ha un mix tra enogastronomia e cultura unico al mondo. Se si sfruttassero pienamente le potenzialità insite nelle nostre produzioni, come la pasta, il vino, l’olio, i formaggi, non solo tramite il loro riconoscimento attraverso marchi di qualità, come IGT, DOP, DOC, ecc, questo potrebbe far bene a tutto il sistema paese.
Si urgente qualcosa è stato fatto, e certamente il governo e le associazioni di categoria metteranno in atto tutte le armi a loro disposizione per tutelare un simbolo della nostra cultura come la pasta. Ma certo, questo modo di agire ha tutto il sapore di un salvataggio sulla linea, per usare una metafora calcistica.
Forse occorrerebbe un ripensamento più profondo sui capisaldi della nostra economia, se non un vero e proprio ritorno al passato, neanche tanto lontano, per garantire un futuro alle nuove generazioni.
Ma questo non è in nostro potere. Possiamo solo sperare di poter continuare a mangiare un buon piatto di pasta, magari sperando che dentro non ci sia qualche organismo geneticamente modificato.