Scorgendo per strada una ragazza che si volta dal lato di un uomo che ha appena fatto un apprezzamento pesante al suo indirizzo, non ci stupiremmo di sentirla urlare ed inveire verso l’uomo affibbiandogli come insulto quello di essere un maiale ed in effetti per gli uomini sentirsi dare del maiale non è proprio il massimo del complimento, eppure, siamo più simili ai maiali di quanto si possa credere, che ci piaccia o no e per giunta con una importante peculiarità.
Se siamo maiali noi uomini, lo sono anche le donne, visto che il maiale non è simile solo ai maschi in senso stretto, ma al genere umano intero individuato nei due sessi. Ma cosa avremmo mai in comune con questi animali? Tanto e lo sostengono anche i ricercatori che studiano i maiali da un punto di vista alimentare, chirurgico, immunologico, medico, tossicologico e chi più ne ha più ne metta!
Se guardassimo al maiale nella sua interezza e non su un piatto da portata a pregustarne la leccornia, scopriremmo che da un punto di vista anatomico l’animale ha organi che per forma e dimensioni somigliano molto ai nostri. Anche il funzionamento di questi organi e apparati si avvicina ai nostri e questo, per sfortuna dei poveri maiali, li rende più soggetti di altri animali a fare una brutta fine, non solo perché, come ci insegna la civiltà contadina del porco non si butta mai niente, ma anche perché il maiale è ricercato dall’uomo, oltre per il fatto di appartenere alla nostra catena alimentare, anche perché può essere considerato, in qualche caso, una sorta di magazzino di ricambio per il nostro corpo. E non è difficile crederlo, se solo pensiamo che come i maiali noi siamo onnivori, abbiamo un solo stomaco, mentre i ruminanti ne hanno due, abbiamo le stesse secrezioni gastriche, condividiamo gli stessi enzimi, entrambi necessitiamo di nutrienti simili e in misura maggiore degli altri mammiferi, se si escludono i primati. A stigmatizzare queste similitudini, Roberto Volpe ricercatore del Servizio prevenzione e protezione (Spp) del Cnr. Il risultato è che se utilizziamo per il nostro corpo una parte del tessuto del maiale, avremmo una crisi di rigetto di gran lunga minore di quanto si avrebbe se si usasse un qualsiasi componente di un altro animale, come dire che il nostro corpo, considera quello del maiale, “ tessuto amico”! E che dire dell’insulina derivata sempre dai maiali nella sua forma altamente purificata. Fino a quando l’insulina non è stata riprodotta in laboratorio, ovvero artificialmente e ciò avveniva fino alla fine degli anni 80, si utilizzava quella porcina. E che dire ancora delle valvole cardiache che derivano dal maiale,
“Le valvole meccaniche sono affidabili e di lunga durata, ma obbligano i pazienti a seguire terapie anticoagulanti per tutta la vita per prevenire la formazione di trombi, con conseguente rischio di emorragie. Questo problema non è presente con le valvole biologiche che, tra l’altro, hanno un’ottima emodinamica e vengono posizionate con relativa facilità. Le porcine attuali, poi, offrono una durata sempre maggiore, essendo passate dai 10 anni iniziali, agli attuali 15-25”, specifica il ricercatore Volpe.
Dobbiamo dunque concludere che non è vero che discendiamo dalle scimmie ed invece siamo geneticamente più simili ai maiali? No, questo no, con i maiali condividiamo soprattutto il nostro sistema immunitario e questo ha stimolato la scienza medica a studiare l’animale e a trovare applicazioni per noi essere “superiori”. Resta una differenza che agli occhi dei ricercatori appare importante. Tale non somiglianza coi maiali farebbe si che quest’ultimi avrebbero un senso del gusto molto differente rispetto al nostro. Insomma, i maiali mangiano quel che noi rifiutiamo.
Ma è a questo punto che viene da pensare, se era proprio il caso di scomodare gli scienziati per concludere con quest’affermazione in qualche modo bizzarra! Probabilmente è vero che i maiali mangiano ciò che noi non ci sogneremmo di assaggiare, ma avete mai visto qualche uomo offrire un menù alla carte ad un maiale prima che iniziasse a pranzare?
Fonte Rita Buglioli su una ricerca di Roberto Volpe , Sevizio prevenzione e protezione del Cnr, Roma