Il caso della battaglia di Supreme contro Supreme Italia ha fatto molto parlare negli ultimi anni. Si tratta di uno dei casi più eclatanti di legal fake ad opera di una società di Barletta.
I protagonisti
Supreme è un negozio e marchio di abbigliamento e skateboard fondato a New York nel 1994. Il marchio si rivolge alle culture di skateboard, hip hop e punk rock e alla cultura giovanile in generale, non ha molti store ma vende soprattutto online.
Qualche anno fa però, a Barletta, visto che il marchio originale non era stato ancora registrato in Italia, due individui decidono di registrarlo con il nome Supreme Italia.
Anche il logo è identico e i prodotti vengono venduti dai commercianti, che non sanno o fanno finta di non sapere che non si tratti del marchio originale.
Si parla in questo caso di legal fake in base al quale, soprattutto nel campo della moda, una società precede la società originale nella registrazione del marchio, gestendo la propria attività, dalla produzione alla vendita, in un altro paese.
Nonostante sembri contraffazione a tutti gli effetti, non ci sono leggi che vietino di registrare un determinato marchio se non è già stato precedentemente registrato da chi ha ideato l’originale, nè ci sono divieti o limiti alla vendita della merce.
In gergo tecnico si parla di marchio di fatto, ovvero la pratica di utilizzare un marchio e ritenerlo di proprietà, ma senza averlo registrato.
Come visto, si tratta però di un’azione rischiosa, perché senza la registrazione chiunque può appropriarsi di un brand non tutelato, anche se de facto proprietario.
E’ un tipo di fenomenologia tutta italiana. Il primo caso risale al 2013 con il legal fake di Boy London e con Pyrex Original, copia del brand Pyrex Vision di Virgil Abloh. Nel 2017 ci sono stati poi i casi dei legal fake di Kith, Thrasher, Vetements e Palace Skateboards tutti fondati a Barletta e controllati dall’International Brand Firm (Ibf), società con sede a Londra.
Tramite questo espediente, Supreme Italia riesce a registrare il marchio non soltanto in Italia ma successivamente in Spagna, Cina e altri paesi europei. Cosa che invece Supreme NY non è riuscito a fare perchè non ha agito in tempo.
La battaglia legale in Italia e Spagna: tutta una questione di registrazione del marchio
Inizialmente, essendo un marchio di nicchia ed essendoci scarsa informazione nel pubblico, il marchio fake continua a vendersi ed espandersi finché la voce non arriva fino a Supreme NY che decide di intervenire per vie legali.
Supreme NY, pertanto, decide di chiedere tutela in sede cautelare nei confronti di Supreme Italia per “attività di contraffazione e di concorrenza sleale” e “concorrenza parassitaria”, ossia un comportamento palesemente in contrasto con le regole della correttezza professionale tra imprenditori e di conseguenza sanzionato ai sensi dell’art. 2598 del Codice Civile.
Il brand originale, aveva in quel momento, gli strumenti giuridici per tutelarsi in quanto, oltre alla garanzia della concorrenza parassitaria, secondo analisi più approfondite, la data di registrazione del Marchio Supreme Original era antecedente di circa un mese a quella di Supreme italia. Ragion per cui la versione italiana non è legal fake, ma contraffazione.
Il Tribunale di Milano accoglie la domanda presentata in via cautelare da Supreme, ordinando al concorrente italiano di interrompere subito la produzione, esportazione e commercializzazione di capi di abbigliamento o di qualsiasi altro prodotto recanti illecitamente il marchio Supreme.
Dopo la vittoria in Italia, nel maggio 2018, Supreme NYC prova a registrare il marchio “Supreme” in Unione Europea tramite l’EUIPO (European Union Intellectual Property Office) ma senza successo: inizialmente, pare, l’EUIPO respinge la richiesta perchè mancano alcune caratteristiche che sono necessarie per registrare un marchio europeo, in particolare la “descrittività e la carenza di carattere distintivo del marchio in questione”.
Il rifiuto da parte dell’EIUPO porta a mettere in discussione la sentenza del tribunale di Milano che viene impugnato dal tribunale di Trani, pronunciandosi in favore di supreme Italia ed escludendo il reato di contraffazione.
Intanto in Spagna Elechim Sports SL, società di proprietà di IBF, fa trasferire Supreme Italia facendola diventare Supreme Spain e registrando il marchio anche lì. In questo modo può operare in Spagna mentre a Supreme NY invece non è permesso.
Lo scorso ottobre il Tribunale di Barcellona respinge tutte le richieste di Chapter 4 (azienda americana che detiene il marchio Supreme NY) contro Supreme Spain affermando che “Supreme NY non si trova in una posizione giuridica tale da legittimare qualsiasi inibitoria nei confronti di Supreme Spain.”
La sentenza non fa altro che rafforzare in questo modo la posizione di legittimità di IBF, che presenta una serie di richieste per registrare il brand in tutta l’UE.
L’espansione in Cina
Le polemiche riprendono lo scorso dicembre, quando, durante l’evento di presentazione del nuovo Galaxy A8s in Cina, la Samsung annuncia una partnership con Supreme italia, lasciando però intendere che si trattasse dell’originale, che non può nemmeno operare in Cina.
La Supreme NY prende subito le distanze dalla Samsung, smentendo le dichiarazioni e portando una valanga di critiche sulla società coreana, la quale si scusa immediatamente per il fraintendimento. L’accordo, a questo punto, viene definitivamente annullato.
Ma la storia non finisce qui. Il 7 marzo scorso, a Shanghai si è svolta infatti l’inaugurazione, con tanto di blogger e KOL (Key Opinion Leader, gli influencer cinesi) di un negozio monomarca Supreme. Ancora una volta Supreme Original ne prende le distanze e attacca il rivale fake.
Il nuovo store viene messo sotto inchiesta da parte della Shanghai Market Supervision and Management Bureau per pubblicità ingannevole e competizione scorretta. Il negozio Supreme Italia è stato imbrattato dai fan di Supreme America con scritte “Italia imbrogliona” e “Shanghai pronta per la falsa Supreme” sulla serranda.
Ad oggi sappiamo che Supreme Italia è riuscito ad aprire ben due store a Shanghai, ma secondo alcune testate web, Supreme Italia starebbe perdendo la licenza che gli garantisce la proprietà del marchio Supreme in Cina.