Diritti delle donne: sappiamo che tutto inizia nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (1948), all’indomani della Seconda Guerra Mondiale, dove è espressamente riconosciuto che i diritti enunciati valgono per tutti gli esseri umani senza distinzione di alcun tipo, compreso il sesso.
E quindi? Eppure, nel 1979 la stessa Assemblea dell’ONU ha sentito il bisogno di proporre agli Stati una Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti delle donne e, ancora oggi, purtroppo, le donne vedono i loro diritti non riconosciuti o calpestati in varie occasioni, sono oggetto di discriminazioni, di pregiudizi, di violenze.
Questo succede in tante parti del mondo, sia nei paesi ricchi che in quelli poveri, sia in quelli che sono in pace come in quelli in preda alla guerra. Tutto questo è frutto di una cultura antica, di vecchie tradizioni che si perpetuano e che solo un nuovo modello culturale riuscirà a modificare. Bisogna quindi che diventi realtà quello che la Dichiarazione e i patti internazionali hanno proclamato e cioè che i diritti delle donne siano riconosciuti.
In Italia la conquista dei diritti delle donne è stata molto faticosa. Le mamme lavoratrici, erano prive di qualsiasi aiuto fino al 1950: è di quell’ anno, infatti, la legge che vieta il licenziamento fino al primo anno del bambino e introduce il trattamento economico dopo il parto. Nel 1956 arriva la legge sulla parità retributiva tra uomo e donna, mentre nel 1963 si dichiarano nulle le cosiddette “clausole di nubilato” nei contratti di lavoro, che molte donne erano costrette a firmare, e si consente alle donne pieno accesso a tutte le professioni e gli impieghi pubblici.
Importanti, in questa direzione, anche le leggi che istituiscono la scuola materna e gli asili nido comunali (1971) o la parità tra padri e madri nei congedi parentali (1983), infine l’indennità di maternità per le lavoratrici autonome (1987) e per
quelle disoccupate (1998).
E poi ci sono, ovviamente, le leggi per fermare la violenza: quella del 1996, quando finalmente, e tardivamente, la violenza sessuale diventa reato contro la
persona e non contro la moralità pubblica e si stabiliscono pene gravi per chi compie violenza; e quella del 2009 che introduce il reato di stalking, per arrivare a quella contro il femminicidio approvata in Senato.