Avete mai sentito parlare di beni culturali immateriali, patrimonio immateriale Unesco o cultura immateriale? Bene. Proviamo a chiarire alcuni concetti. Nella Convenzione per la salvaguardia del patrimonio immateriale dell’umanità, entrata in vigore nel 2006, l’Unesco individua le seguenti categorie:
- tradizioni ed espressioni orali;
- arti dello spettacolo;
- consuetudini sociali, eventi rituali e festivi;
- cognizioni e prassi relative alla natura e all’universo;
- saperi e pratiche legati all’artigianato tradizionale
Si tratta di un patrimonio intangibile, apparentemente legato a un territorio, a una località e alla comunità che la abita ma che in realtà si “deterritorializza, può riprodursi in qualsiasi luogo del pianeta, anche conservando un legame con il suo luogo di origine spaziale” e diventa accessibile non solo alle comunità reali ma anche a quelle virtuali. Facciamo degli esempi: il teatro dei Pupi; il canto a tenore sardo; il tango argentino; la dieta mediterranea; il patrimonio orale Geledè in Benin; il Carnevale di Oruro in Bolivia.
La componente soggettiva o sociale emerge come forte discriminante rispetto al patrimonio materiale in quanto gli individui, i gruppi e le comunità depositarie vi riconoscono un valore culturale e ne assicurano la trasmissione alle nuove generazioni. Il patrimonio, dunque, sviluppa un senso di appartenenza culturale e riconfigura le identità attraverso la continuità della memoria, la promozione della diversità culturale e il rispetto per la creatività umana.
Un nodo cruciale resta, però, l’idea della necessità di conservare e recuperare la tradizione, come se essa fosse avulsa dai gruppi che la producono. La critica antropologica pone, infatti, alla base della patrimonializzazione l’illusione dell’autenticità. Abbandono, trasformazione o sparizione di alcuni fatti culturali sollecitano gli attori sociali e istituzionali a contribuire alla preservazione della tradizione, fedele al passato.
Non bisogna però dimenticare che il patrimonio culturale è in costante mutamento, così come i gruppi sociali che lo producono, rispondendo a sfide e interessi economici, politici, sociali e culturali.