Una piacevole camminata ricordando la vecchia Pordenone.
Per chi vi abita vicino e ama camminare per tenersi in forma è un abitudine salutare prendere la via Cesare Abba che porta al “Parco dei Laghetti di Rorai” attraversare il parco verso destra e godere della vista del laghetto.
Proseguire fino a prendere via del Pedron, per poi prolungare la passeggiata fino al lago più esteso, il “lago della Burida”, continuare il percorso, per poi imboccare l’ingresso opposto del Parco dei Laghetti in via Gradisca o via Cotonificio, così da descrivere un tragitto circolare di non più di un’ora circa di cammino.
Nulla vieta di percorrerlo al contrario. Non serve dare indicazioni ulteriori poiché quasi tutti sono provvisti di un palmare e relativo Google Maps. Credo sia impossibile perdersi. Il percorso può essere utile anche per quei turisti che visitano la città è soggiornano in un albergo, pensione o Bed and breakfast in zona. Nulla esclude di raggiungere in questo caso i laghetti in bicicletta. Nel Parco dei Laghetti, almeno per chi ha la mia età, si può ancora immaginare la vecchia Pordenone di quando ero bambino, e dei racconti di chi era a quel tempo già vecchio, in una città piccola ma con un importante industria dei cotonifici, allora già in declino, ma che impiegava ancora molto personale. Pordenone nell’otto e prima metà del novecento oltre al fiume Noncello era attraversata da numerose rogge e corsi d’acqua, che diedero la possibilità di far nascere molte attività economiche. Numerosi erano i mulini e tutto quello che ne consegue.
I laghetti e il lago Burida di origine artificiale, tramite l’utilizzo di turbine azionate dall’acqua producevano l’energia elettrica necessaria al funzionamento degli stabilimenti. Nacquero così fin dal dal quarantennio del 1800 stabilimenti di filatura, tessitura e tintoria del cotone. Cotone importato dall’America, lo stabilimento “Amman” di Borgomeduna è quello che probabilmente è più ricordato dai pordenonesi, oltre al “Makò”, di Cordenons.
L’acqua fu determinante per l’industria pordenonese dell’epoca. Ricordo ancora quando alle elementari i figli di contadini che ancora allevamento bachi da seta e coltivavano le piante di gelsi per i setifici, portavano a scuola le larve di bruco dentro un contenitore di vetro trasparente e la classe ne seguiva lo sviluppo attraverso le varie mute, finché diventavano lunghi fino a 7-8 cm cibandosi di foglie triturate di gelso. Poi si arrampicavano su dei rametti appositamente messi per permettergli di costruire il bozzolo in soli pochi giorni. Il bozzolo era intessuto con unico lunghissimo filo, questo era quello che ci spiegava pazientemente la maestra.
Ora quel mondo è completamente scomparso, e anche i tessuti di cotone e seta di alta qualità. Dopo l’ultima prolungata crisi economica che non sembra ancora terminata, molte importanti imprese storiche di Pordenone hanno chiuso i battenti. I laghetti trasformati in ameni parchi pubblici sono popolati da germani reali, cigni reali, folaghe.
L’acqua da cavedani, trote e carpe. Sono oasi verdi frequentate da pensionati che passeggiano o leggono il giornale e giovani e adulti che praticano sport, e cani condotti al guinzaglio dai loro premurosi padroni o lasciati liberi di correre nelle aree predisposte allo sgambamento, debitamente recintate.
Il Lago della Burida e posto tra il comune di Porcia e Pordenone, è molto più ampio e si pratica anche lo sport della canoa. È anche consentita la pesca sportiva. Infatti è facile incontrare sulle verdi sponde pescatori intenti a ferrare cavedani carpe e lucci, che vengono poi rilasciati, secondo le normative e la nuova filosofia di pesca tesa a preservare le specie ittiche. Da non molto ha fatto la comparsa la nutria, mammifero roditore, originario dal Sud America, che spesso e possibile vedere nuotare sul pelo dell’acqua.