Ho sempre considerato i nonni un patrimonio culturale e oggi andando a scuola di mia figlia abbandonato sul davanzale di una finestra ho trovato un regalo bellissimo, un libro: “i nonni raccontano la storia di Roma”, un libro offerto gratuitamente dal Comune di Roma realizzato dall’amministrazione comunale in collaborazione con l’Università Roma Tre e sei corsisti del Master in Storia e Storiografia Multimediale.
Nella prefazione c’è una frase bellissima di Primo Levi ” Un paese senza memoria è destinato a essere un paese senza futuro.” Un libro realizzato con i preziosissimi ricordi degli ultracentenari e ultranovantenni del Comune di Roma accompagnati da foto di una Roma sparita, da interviste e aneddoti. Sfogliando le pagine del libro ho intrapreso un meraviglioso viaggio nel tempo attraverso gli occhi e le parole dei nonni romani che hanno vissuto anche due guerre mondiali con semplicità e dignità.
Adoro quando i nonni raccontano la storia, sono sempre stata affascinata dagli anziani, dai loro occhi, dalle rughe sui loro volti, sono sempre stata convinta che dietro ogni ruga si nascondesse una storia e ora è straordinario poterle leggerle, poter scoprire grazie a loro cose che non avrei mai saputo.
Molti nonni raccontano la storia partendo dalla famiglia dove si nasceva in casa e i bambini si pesavano dal “pizzicarolo” colui che vendeva salumi e metteva a disposizione la sua bilancia, alcuni raccontano di aver frequentato scuole che oggi non esistono più, tutto era quasi concentrato nel centro di Roma a Piazza di Spagna dove c’era il Collegio San Giuseppe e la scuola di San Sebastianello, le suore portavano i scolari a passeggiare due ore al Pincio. Alcuni hanno terminato gli studi con la sesta elementare che oggi non esiste più mentre i più fortunati hanno proseguito, chi ha smesso si è dedicato alle attività di famiglia prendendo spesso il posto del padre in guerra o del genitore defunto. Raccontano una Roma molto paesana e poco città, si conoscevano tutti e non c’era paura a uscire di casa. I maschi giocavano al “salto della quaglia” o a “ecchime” mentre le femmine avevano la corda e le bambole di porcellana.
Tutti ricordano con piacere Villa Borghese, sorvegliata dai vigli urbani in bicicletta con il suo laghetto e il prato verde che sembrava infinito. Qualcuno ricorda l’Altare della Patria in costruzione, era il monumento al Re Vittorio Emanuele II. A maggio, nel mese della Madonna, i nonni raccontano che Roma si riempiva di feste e scampagnate fino al ventinove giugno, festa del patrono San Pietro, evento molto importante, la statua del Santo veniva vestita con un mantello di seta, la tiara d’oro piena di pietre e un anello, tutti sfilavano per baciare i piedi del Santo e l anello. Ora tutto cio non è più permesso perché è stato derubato e la satatua è circondata da vetri. Durante l’estate pochi andavano in montagna la maggior parte andava al mare a Ostia. I nonni raccontano che quando si fidanzavano da ragazzini quasi tutti si vedevano di nascosto per anni prima di coinvolgere le famiglie, i fratelli erano gelosi e il corteggiamento molto più serrato di oggi. Per molti la cerimonia nunziale è rimasto un ricordo memorabile, per altri a causa di un matrimonio imposto il ricordo è meno felice. La Roma città eterna che conosciamo oggi cresceva in quei tempi, il Tevere straripava ancora, la muraglia non era costruita e Via Della Conciliazione non esisteva, c’era solo un borgo fitto di vialetti dai quali all’improvviso si vedeva San Pietro. Continuo la mia lettura rubando storia dai ricordi che questi nonni raccontano, se vi è piaciuto l’articolo segutemi nei prossimi giorni, vi porterò con me nei racconti dei nonni di Roma.