Home SALUTE Lomustina e bevacizumab nel trattamento del glioblastoma

Lomustina e bevacizumab nel trattamento del glioblastoma

Il bevacizumab è approvato per il trattamento di pazienti affetti da glioblastoma. Il glioblastoma è il più aggressivo tra i tumori cerebrali primitivi. 

Nonostante i progressi della neurochirurgia e della neuro-oncologia, la sopravvivenza dei pazienti affetti da glioblastoma è breve, mediamente solo 15 mesi dalla diagnosi.

Questo tumore colpisce ogni anno circa 1.500 italiani, con un picco di incidenza compreso tra 50 e 65 anni.

I dati riportati su un trial clinico in fase 2 hanno evidenziato che l’aggiunta di bevacizumab alla lomustina  potrebbe aumentare l’aspettativa di vita dei pazienti rispetto alle monoterapie.

Si è cercato in particolare di determinare se la combinazione avrebbe comportato una aspettativa di vita più lunga rispetto alla sola lomustina .

A 288 pazienti con glioblastoma in progressione dopo trattamento chemioradioterapico e stata somministrata lomustina associata a bevacizumab su un gruppo di pazienti 149 per la precisione è stata somministrata la sola lomustina.

E ‘stata valutata la metilazione del DNA.

Le condizioni generali , la qualità della vita dei pazienti e la loro funzione neurocognitiva sono state valutate all’inizio della sperimentazione ed in seguito  ogni 12 settimane. L’endpoint primario dello studio era l’aspettativa di vita.

L’aggiunta di bevacizumab alla lomustina non ha influito né sulla qualità della vita ne sulle condizioni generali né sulla funzione neurocognitiva dei pazienti.

In 329 pazienti la terapia combinata bevacizumab e lomustina ha portato ad una  sopravvivenza media di 9,1 mesi  nel gruppo in monoterapia circa 7 mesi di sopravvivenza  2,7 mesi in più rispetto al gruppo trattato in monoterapia.

Reazioni avverse si sono verificate nel 63,6% dei pazienti nel gruppo  trattato con farmaci combinati e nel 38,1% in monoterapia.

Alla fine del trial clinico si è concluso che  il trattamento con lomustina associata a  bevacizumab non ha prolungato l’aspettativa di vita dei pazienti trattati  rispetto a quelli trattati con la sola lomustina.