A volte il bambino non ha fame, non vuol dormire, e piange con irritazione e inconsolabilmente. La miglior cosa da farsi è allora che la madre lo cambi e lo tenga in braccio per un po’ finché si sia calmato e sia pronto ad essere messo a riposare di nuovo.
Se la madre in quel momento è troppo occupata o troppo agitata per riuscire a calmarlo, perché non dare al bambino il ciuccio o un altro oggetto che lo rassicuri e che gli tenga compagnia? E’ meglio un bambino soddisfatto, che succhia un pupazzetto o il suo succhiotto, di uno che urla e si agita, con una madre tanto ansiosa o esasperata da non sentirsi in condizione di far qualcosa per lui.
Il succhiotto però non sostituisce per il bambino la reale consolazione costituita dalla presenza di una persona che lo capisce, consolazione che egli deve aver sperimentato per un periodo di tempo sufficiente prima di poter apprendere a tollerarne l’assenza, a lasciare cioè che la madre si allontani conservando, nel frattempo, viva e attiva dentro di sé l’immagine di lei.
Se l’oggetto che tiene compagnia e che rassicura è offerto in sostituzione di un rapporto, si compra un’apparente soddisfazione ad un prezzo troppo alto, con il rischio di spingere il bambino a desiderare continuamente qualcosa di cui non è mai soddisfatto, per il quale desiderare gli oggetti diventa un modo poco gratificante di colmare un vuoto affettivo.
Se invece la mamma trova il tempo sufficiente per tenere in braccio il bambino, per coccolarlo, gli offre la possibilità di staccarsi più facilmente da lei portando dentro di sé l‘esperienza di una presenza che lo capisce e lo conforta, e che attraverso un oggetto può continuare a ricordare.