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Educare alla salute la collettività

Educare alla salute la collettività: tutto può avere inizio il 21 novembre 1986 a Ottawa, in occasione della Prima Conferenza Internazionale sulla Promozione della Salute. Si è aperto un dibattito internazionale sulla promozione della salute e sull’impegno istituzionale per valorizzarla a livello di singoli individui e di gruppi.

In quest’occasione fu promulgata la Carta Internazionale di Ottawa nella quale emerge il valore della salute come risorsa: la salute è un concetto positivo con implicazioni di tipo sociale, la cui promozione non è strettamente legata all’ambito sanitario.

Un’impostazione a cui è sovraordinata la promozione della salute intesa in senso moderno: sin dal 1948, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), ha promosso un concetto di salute non solo ristretto all’assenza di malattia e definito ufficialmente (Dichiarazione di Alma Ata, 1978) la salute come “uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non consiste soltanto in un’assenza di malattia o infermità”.

E nella Carta di Ottawa si legge che “la promozione della salute è il processo che conferisce alle popolazioni i mezzi per assicurare un maggior controllo sul loro livello di salute e migliorarlo. Questo modo di procedere deriva da un concetto che definisce la salute come la misura in cui un gruppo o un individuo possono, da un lato, realizzare le proprie ambizioni e soddisfare i propri bisogni e dall’altro, evolversi con l’ambiente o adattarsi a questo. La salute è dunque percepita come risorsa della vita quotidiana e non come il fine della vita: è un concetto positivo che mette in valore le risorse sociali e individuali, come le capacità fisiche. Così, la promozione della salute non è legata soltanto al settore sanitario: supera gli stili di vita per mirare al benessere”.

In questa prospettiva innovativa, la strategia della salute contempla la necessità di costruire una politica per la salute che si basi sul rafforzamento della partecipazione e sulla creazione di un ambiente favorevole.

In coerenza strategica con gli obiettivi indicati dalla Carta di Ottawa è stato varato nella regione europea dall’OMS il programma “Health21: Health for all in the 21st century” che si propone di promuovere la salute di tutti nel 21° secolo. Il programma, in occasione della cinquantunesima Assemblea Mondiale della Sanità (1998), riaffermava l’impegno istituzionale per il miglioramento della salute e del benessere come presupposto per l’equità sociale, nonché l’impegno per rimuovere le difficoltà e le discriminazioni economiche ostacolo alla promozione della salute. Potenziare i servizi sanitari, migliorarne l’efficienza e l’accesso a tutta la popolazione, in questa prospettiva, rappresenta una strategia della salute per tutti e deve rappresentare uno specifico e significativo impegno politico a tutti i livelli. I ventuno obiettivi sono stati approvati dai cinquantuno stati membri e altre grandi organizzazioni.

Gli assi prioritari strategici sui quali la politica sanitaria europea si poggia, sono, pertanto, la promozione e la protezione della salute delle persone lungo l’intero arco della vita e l’impegno alla riduzione dell’incidenza delle malattie e delle conseguenti sofferenze. Una vera e propria strategia della salute che negli ultimi decenni l’OMS e altri organismi, hanno lanciato come sfida per educare focalizzando l’attenzione su un paradigma di salute ampio e multidimensionale: non solo la sfera fisica e psicologica ma anche la dimensione affettiva, sociale, morale e ambientale sono ricomprese nell’educazione, promozione e valorizzazione dello stare bene.

Il 23 ottobre 2007 la Commissione Europea pubblica il Libro Bianco per la Salute, contenente la Strategia sanitaria Ue 2008 – 2013. In continuità con quanto portato sino ad allora avanti, la strategia europea si è concentrata sul tema della salute e dell’integrazione con le altre politiche non dimenticando quanto sia importante educare.

I quattro principi a cui si ispira la strategia sanitaria europea sono:

– la condivisione a livello europeo dei valori sanitari;

– la consapevolezza politico – istituzionale della salute della comunità come bene più prezioso;

– il coinvolgimento della salute in tutte le politiche. Anche questo significa educare alla salute;

– il rafforzamento del ruolo dell’UE riguardo al contributo che può offrire a livello mondiale per la salute.

Educare alla salute
Educare alla salute: strategia collettiva

Alla luce di questi principi, la strategia sanitaria europea si è posta l’obiettivo di educare e promuovere la salute anche a fronte di un’Europa che “invecchia” (in occasione della Giornata Internazionale delle persone anziane, il 1° ottobre 2016 è stato diffuso il rapporto Eurostat secondo il quale in Europa sono 27 milioni i cittadini ultra ottantenni con record in Grecia, Italia e Spagna) e avvalendosi della ricerca e della tecnologia, nonchè dell’educazione, come importanti risorse per proteggere e valorizzare lo stato di benessere dei cittadini.

“Occorre dire che, nei primi decenni di attività, l’OMS aveva puntato a una visione tradizionale delle politiche sanitarie, sviluppando strategie di lotta contro le principali malattie infettive (malaria, vaiolo, polio…), con risultati positivi come l’eradicazione del vaiolo, e negativi come il fallimento del programma di eradicazione della malaria nella maggior parte delle regioni tropicali. Solo con la Conferenza di Alma Ata (1978) e l’affermazione della strategia della Primary Health Care (cura primaria della salute), l’OMS ha ribadito il valore fondamentale dell’equità nella salute, fissando l’obiettivo di ottenere la salute per tutti. (…) Negli anni successivi (…) le organizzazioni internazionali nel loro complesso, e l’OMS in particolare, hanno proposto obiettivi strategici a lungo termine per le politiche sanitarie internazionali (obiettivi di sviluppo per il nuovo millennio), concordando di procedere con decisione allo studio dei fattori economici e sociali e della loro azione, determinante nel favorire o ostacolare l’acquisizione del più alto livello possibile di salute”

G. Berlinguer, 2011, p.33.