È la forma di calvizie più comune nell’uomo, con una incidenza del 70 per cento circa dei casi totali, e dipende dal ruolo di un particolare enzima dell’organismo: andiamo a scoprire più in dettaglio l’alopecia androgenetica.
Viviamo l’epoca dell’apparenza, dove l’estetica spesso assurge a valore, purtroppo. Ecco perché un problema come quello della calvizie può dar luogo a difficoltà emotive e relazionali, se non si affronta in maniera adeguata e tempestiva la questione anche dal punto di vista psicologico e sociale. Noi proviamo a tracciare una strada, descrivendo in maniera sintetica il fenomeno della alopecia androgenetica, il più diffuso a livello generale, avendo come bussola per la navigazione le informazioni diffuse dal portale Hairclinic.it, che evidenzia le cause, le cure e le soluzioni possibili.
Sgombrare il campo dagli equivoci. L’alopecia androgenetica è la principale causa di diradamento progressivo del cuoio capelluto: non si tratta, dunque, di vera e propria perdita di capelli, perché in realtà chi ne soffre subisce una progressiva miniaturizzazione del capello, che lo rende praticamente invisibile. Come detto, è la tipologia più diffusa a livello globale, e colpisce sia gli uomini che le donne, seppur con notevoli differenze sia nell’incidenza che negli effetti: per quanto riguarda gli uomini, interessa l’80 per cento della popolazione e si presenta con la tipica stempiatura (ovvero, diradamento dei capelli nell’area fronto-temporale) e diradamento dal vertice della testa, ed è in genere più veloce, con esordio più precoce e più ampio; in ambito femminile, invece, colpisce il 50 per cento delle persone e si concentra principalmente sul vertice e sulla regione frontale, appena dietro l’attaccatura. In tutti i casi, comunque, non siamo di fronte a una vera e propria caduta definitiva dei capelli, perché l’analisi al microscopio evidenza la presenza di una sottile peluria, poco visibile però a occhio nudo.
Grande diffusione. Parliamo dunque di una condizione che, secondo recenti indagini, riguarda ben 18 milioni di uomini e 4 milioni di donne nella sola Italia, ovvero più di un terzo dell’intera popolazione dello Stivale. Andando avanti con l’età, poi, circa la metà degli uomini e il 30 per cento delle donne dopo i 50 anni soffre di problemi, più o meno gravi, collegabili all’alopecia androgenetica.
Abbattere un mito. Altro falso mito è quello che collega la calvizie a un maggior grado di virilità e potenza sessuale, per la relazione studiata sin dall’antichità tra la secrezione di ormoni maschili e la perdita dei capelli. In realtà, nell’alopecia androgenetica si segnala al contrario una diminuzione del testosterone e, anzi, un più alto valore del diidrotestosterone, derivato androgeno. È proprio questo, con l’intervento di un particolare enzima, che riduce i capelli rendendoli più sottili e corti, non più in grado di coprire l’intero cuoio capelluto.
Le cause. Cominciamo dal dire che gli studi ancora non sono riusciti a determinare con precisione l’origine del problema, che di solito è attribuito a fattori come la predisposizione genetica e la storia familiare, come suggerito anche dallo stesso nome (ma l’ereditarietà è poco chiara, mentre più riscontrabili sono le questioni ambientali). Oltre all’enzima già citato, l’alopecia può avere origine dalla diminuzione delle proteine SHGB, che trasportano gli androgeni nel sangue, o degli enzimi chiamati aromatasi follicolari, che hanno il compito di convertire il testosterone in estrogeni e fortificano i capelli. Interverrebbero anche delle mutazioni genetiche, nello specifico sarebbe coinvolto il gene AR, che dà le istruzioni per costruire una proteina che nell’organismo funziona da recettore per il diidrotestosterone. Attraverso l’osservazione scientifica, si è potuto rilevare che esisterebbe un’ereditarietà.
Le cure. Attualmente esistono due diverse tipologie di attacco alla malattia, ovvero la via farmacologica e quella chirurgica. Nel primo caso, esistono due farmaci in commercio che combattono l’alopecia, ma entrambi presentano anche delle controindicazioni ed effetti collaterali. Più diffusa invece è la soluzione chirurgica, rappresentata dal cosiddetto autotrapianto che, grazie ai progressi scientifici, genera di solito risultati soddisfacenti e duraturi.