Home Internet L’amicizia al tempo dei social network: gli avatar si fanno compagnia

L’amicizia al tempo dei social network: gli avatar si fanno compagnia

  “Occorre riscoprire un sentimento d’umiltà capace di percepire e vedere l’altro. Un legame di solidarietà e di empatia che necessita di essere declinato in maniera diversa e nuova, persino rivoluzionaria.”

Con queste parole ( P. Crepet, 2013) o con tanti altri aforismi si potrebbe definire e descrivere la relazione che si stabilisce fra gli individui all’interno di un determinato tempo e contesto, l’amicizia.

Dagli anni 2000 abbiamo assistito alla nascita dei social media o network, data la peculiare caratteristica dell’affiliazione, ramificazione sistemica, che tali strumenti internetici creano fra gli elementi, in questo caso le persone.

L’impiego proprio o improprio del termine amicizia assume qua connotati del tutto nuovi, che svincolano dalle dinamiche interpersonali a cui eravamo abituati sin da bambini, dove il senso stretto della parola amico corrispondeva a lealtà, impegno reciproco, rispetto, fiducia, sincerità, lite, contrasto, fare poi la pace, chiedersi scusa o dire grazie guardandosi negli occhi e provando sensazioni giù nello stomaco e sotto la pelle.

Sui social le parole, le nostre parole, sono inviate a centinaia di “fantomatici amici”, degli avatar, dei “dis-identici”, con tanto di nome, di volto, di credenziali, dati biografici, più o meno reali… Parlare talvolta con costoro è come urlare dalla cima di una montagna, e a ritornare a noi c’è solo l’eco …

La rete internet è simile alla grossa rete dei pescatori d’alto mare, che rischia di agganciarci a tutti, allontanandoci dai nostri reali intenti ed obiettivi.

La rete diventa il grande dispensatore di illusioni, il facilitatore esistenziale, dove il tutto è possibile e il niente non è grave, perde ogni valenza, non esiste.

Tutto gira intorno ai miti della “magia” e del “sogno”: poco conta se realizzabile, basta vederlo nello schermo di un pc, di un cellulare e lì c’è, e questo basta.

I sentimenti, il corpo, le vicissitudini, diventano neutrali, terre di nessuno, calpestabili da chiunque. La virtualità è potente proprio in rapporto alla non fruibilità, alla frustazione e gratificazione di un click, che quindi diventa compulsione, quasi ossessione.

Una generazione in eterna confusione fra visibilità e nascondimento, fra l’essere e non essere, fra solitudine e appartenenza.