L‘insonnia da farmaci è un effetto collaterale piuttosto comune ma spesso sottostimato, sia come casistica che come effetti collaterali, di vari principi attivi. Eppure l’insonnia è in grado di ridurre la qualità della vita, specie se si protrae nel tempo. Ma quali sono i medicinali che possono causarla? Scopriamoli.
Si parla di insonnia e subito il pensiero corre allo stress, alla frenesia della vita moderna. Ma è sempre così? In realtà, a volte l’origine sta altrove, in una malattia organica o nell’assunzione di alcuni farmaci. Capirlo è però importante. L’insonnia infatti deteriora la qualità della vita, si sa. La sua nocività si traduce in una riduzione dell’efficienza, anche lavorativa, e nell’influenza sulle reazioni emotive, con aumento dell’irritabilità e dell’insofferenza.
Per combatterla, occorre individuare la causa scatenante. Per quando riguarda l’insonnia da farmaci, diverse classi possono risultarne responsabili.
I cortisonici sono largamente impiegati per la terapia sintomatica delle allergie di varia natura e delle patologie autoimmuni, un vasto insieme che comprende, tra le altre, malattie gravi come il lupus eritematoso sistemico, l’artrite reumatoide, la sclerodermia. Inoltre si impiegano i cortisonici anche per la malattia di Addison, nella quale l’organismo non è più in grado di produrre il cortisone endogeno. Infine, si usano nella terapia dei linfomi e altre neoplasie del sistema immunitario. Nonostante l’indubbia utilità, gli effetti collaterali non mancano. L‘insonnia è appunto uno di questi. Spesso durante le ore di sonno effettivo si possono anche manifestare incubi.
Gli ormoni tiroidei rappresentano la terapia fondamentale da instaurare nella maggior parte dei casi di ipotiroidismo. Uno degli effetti negativi può essere la comparsa di insonnia, specie all’inizio del trattamento. Questo avviene perché alla quota di ormoni del farmaco si somma la quota residua ancora prodotta dalla tiroide, ma è un problema che col tempo tende ad autolimitarsi. La levotiroxina (ossia l’ormone sintetico) infatti normalizza il TSH, l’ormone che stimola la tiroide, che quindi si mette a riposo. Qualche problema in più può però sorgere nella tiroidite di Hashimoto. Il motivo è che gli autoanticorpi, attaccando e distruggendo la ghiandola, possono provocare fasi transitorie di ipertiroidismo dovuto al fatto che le cellule aggredite (i tireociti) rilasciano nel sangue l’ormone immagazzinato al loro interno. Lo stesso può essere quindi presente in concentrazioni sovra-fisiologiche, sia in corso di terapia che in assenza di ormoni sintetici, nei momenti di riacutizzazione della malattia. Ma anche questa evenienza col tempo tende a diradarsi, dato che la ghiandola malata e messa a riposo dalla terapia non ha più grosse quote di ormone immagazzinato.
Gli alfa e betabloccanti inibiscono il legame della noradrenalina (alfabloccanti) e dell’adrenalina (alfa e betabloccanti) con i recettori alfa e beta (tramite i quali penetrano nelle cellule dove possono esplicare le loro attività biologiche). I primi si usano per curare l’ipertrofia prostatica e l’ipertensione, i secondi per l’ipertensione e le aritmie cardiache. Adrenalina e noradrenalina hanno un effetto generale di stimolo sull’organismo, aumentando lo stato di vigilanza, la glicemia, la risposta allo stress, etc; eppure l’assunzione di alfa e betabloccanti che ne limita l’attività, accanto alla sonnolenza diurna, un sonno disturbato e meno ristoratore.
I broncodilatatori e i decongestionanti nasali contengono spesso principi attivi ad azione eccitante. In primis, troviamo l‘efedrina e la teofillina, sostanze a volta assunte agli onori della cronaca negli scandali legati al doping sportivo. L’insonnia da farmaci è un problema tipico che possono dare. Dipende però dalle dosi assunte e dalla risposta individuale.
Gli antidepressivi, specie gli SSRI (inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina) sono un’altra categoria che può provocare insonnia da farmaci. Gli SSRI in particolare non vanno assunti nelle ore serali proprio per questo motivo. Il problema non si manifesta in tutti i pazienti, ma solo nei soggetti predisposti. Perché si abbia questo effetto collaterale ancora oggi non è del tutto chiaro. Ad ogni modo, anche la sospensione della terapia può provocare insonnia.
La levodopa è un farmaco fondamentale nella cura del morbo di Parkinson. Viene somministrato per aumentare i livelli di dopamina, uno dei principali neurotrasmettori. Nei parkinsoniani la sua concentrazione risulta abbassata a causa della distruzione delle cellule nervose che la producono. L’insonnia da farmaci ha non di rado come causa proprio la levodopa. Si tratta di un problema che si manifesta perlopiù nelle fasi precoci della malattia, in particolare con difficoltà ad addormentarsi. Negli stadi più gravi del morbo di Parkinson, invece, questo effetto collaterale è meno presente.
Nella maggior parte dei casi, i farmaci sopra elencati sono indispensabili, e talvolta le terapie vanno proseguite a vita. Se però sopraggiunge l’insonnia da farmaci, è bene parlarne con il proprio medico curante e instaurare quando possibile idonei provvedimenti. Per esempio, l’assunzione di integratori ad effetto rilassante, la modifica degli orari della terapia, l’abolizione della eventuali concause che determinano il disturbo (caffè, fumo, alcool, rumori notturni, etc), o esercizio fisico mirato. Non sottovalutare mai il problema: l’insonnia da farmaci non solo riduce la qualità della vita, ma a sua volta, stressando l’organismo, può favorire o aggravare la comparsa di malattie.