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Benevento: educare contro i vandali culturali

Benevento: è di poche settimane fa la notizia della denuncia di Archeoclub d’Italia in merito ai pontili medievali tra largo Beniamino Feoli e Corso Garibaldi imbrattati.

Così come la notizia di alcuni cittadini che hanno segnalato la presenza di giovani che avrebbero urinato nella fontana antistante la Chiesa di Santa Sofia, patrimonio Unesco di Benevento. E ancora i vandali in azione ai danni dell’Arco Traiano solo una decina di giorni fa.

Episodi vandalici di danneggiamento del patrimonio culturale, della risorsa comune, del prezioso tesoro della nostra città, ci impongono di riflettere sul fatto che i vandali sono dietro l’angolo, sono vicino a noi. Succedono a Benevento ma non solo. Non devono arrivare dall’ Olanda per devastare la Barcaccia del Bernini perché anche la cronaca cittadina ci restituisce ogni giorno di muri imbrattati e fontane pisciate proprio in questa bella città che quanto a concentrazione di opere artistiche di diverso periodo storico, non ha eguali nel Mezzogiorno d’Italia.

«Benevento ha una storia, anzi dirò di più che, se havvene in quelle provincie meridionali d’Italia, questa storia è incarnata nella storia di Benevento»

Carlo Torre, Atti parlamentari dello Senato, Volume 2, E. Botta, 1861, p.526.

Ma quel che più lascia riflettere è l’indifferenza, male di gran lunga peggiore. Passa l’indignazione del momento, la rabbia momentanea, ma nel lungo periodo tendiamo a dimenticarci dei nostri tesori, di quanto siano importanti per il turismo ma soprattutto per i giovani, perché si possa trasmettere loro non solo il patrimonio ma la cultura del rispetto del patrimonio stesso.

 

Su Wise Society, Umberto Galimberti, filosofo e professore ordinario all’Università Ca’ Foscari di Venezia, afferma che i giovani soffrono di “analfabetismo emotivo” e che “i sentimenti (…) non si trasmettono geneticamente (…) si apprendono. (…) Il sentimento non è una dote naturale, è una dote che si acquisisce culturalmente (…) e se la cultura non interviene, i ragazzi rimangono a livello d’impulso o al massimo di emozione”.

Facendo tesoro delle acute osservazioni di uno dei più importanti pensatori della società contemporanea e del fatto che nello stesso articolo il Galimberti afferma che “viviamo in una società ricca e non più povera e semplice come una volta, dove il confine tra bene e male, il permesso e il proibito era ben segnalato”, si comprende bene come comportamenti, atteggiamenti, valori di rispetto nei confronti della res publica, del patrimonio culturale debbano essere ricompresi in quelle che possiamo definire come le “buone maniere” da imparare nei primi anni di vita e non dimenticare più.

E se l’esempio è la lezione più efficace che possiamo dare ai più giovani, anche noi adulti siamo chiamati alla responsabilità nei confronti di un patrimonio fragile e indifeso attraverso il quale esprimiamo il nostro livello di civiltà e contemporaneamente siamo chiamati alla corresponsabilità di tutela e valorizzazione.

A noi genitori il compito di educare al rispetto, ad avere cura del patrimonio culturale in tutte le sue espressioni, alla tolleranza. Agli educatori il compito professionale di insegnare a nutrirsi di cultura, direttamente o indirettamente con i comportamenti, le emozioni, gli atteggiamenti, le parole, le azioni.

Alle istituzioni il compito di un impegno a breve per la restituzione della dignità ai monumenti imbrattati, ma anche di riflettere sulla sicurezza, sul potenziamento del sistema di videosorveglianza, sul controllo delle zone in cui si verificano con maggiore frequenza gli atti vandalici.

Gli atti vandalici sono da condannare sempre, sia se occasionali sia se drammaticamente ripetuti nel tempo. In tal senso si devono prospettare strategie pratiche per contrastare il fenomeno. Strategie che non devono solo esaurirsi nel videocontrollo, non dimenticando infatti che la cronaca ci riporta anche di vandali capaci di manomettere le videocamere con conseguenti ingenti danni (e costi) che vanno ad aggiungersi anche a quelli dei monumenti vandalizzati. Si combatte su più fronti: con la prevenzione, l’educazione al rispetto del bene comune, con il controllo, la sanzione e ripristinando la bellezza e l’integrità per contrastare la pericolosa deriva della percezione dell’abbandono e dell’assenza di regole.

Negli altri paesi europei e dell’OCSE la questione della vandalizzazione del patrimonio culturale non è solo competenza di polizia, ma è questione urbanistica di cui, per l’appunto, si occupano urbanisti e pianificatori sperimentando modelli e pratiche di progettazione che prevengano degrado, vandalismo e criminalità affrontando in modo equilibrato interventi non repressivi ma di valorizzazione delle aree pubbliche e della loro fruizione.

Il rispetto per il patrimonio culturale non significa ingessatura della città, perché si esprime anche in termini di fruizione del patrimonio stesso, degli spazi culturali e in termini di partecipazione pubblica.