Sembra assurdo, ma tutti noi (o quasi tutti) riascoltiamo il messaggio vocale appena inviato a un amico o contatto WhatsApp. E’ una reazione spontanea, istintiva… eppure lo facciamo senza pensarci più di due volte e non appena udiamo il suono emergono emozioni di disagio, vergogna o incredulità.
Fondamentalmente, tale mossa potrebbe derivare da un innato bisogno di controllo, comune a noi esseri umani, o al contrario da un atto premuroso e di revisione. Tuttavia a giorno d’oggi, i messaggi vocali sono tra i più utilizzati da giovani e adulti, che in merito alla loro velocità e praticità d’uso permettono di ottimizzare al meglio i tempi grazie alla funzione di instant messaging.
Ma come mai siamo imbarazzati dal suono della nostra voce?
La risposta è più semplice di quanto crediate. La scienza ci spiega che, nel momento in cui noi ascoltiamo un suono, il meccanismo di trasporto dello stimolo uditivo e la percezione del suono stesso è molto diversa dal meccanismo inverso: cioè di emissione del suono. Nel primo caso infatti, i suoni giungono all’orecchio esterno tramite l’aria (conduzione aerea) e poi ai timpani, facendoli vibrare. Da qui, il suono raggiunge il cervello, passando prima per l’orecchio interno. Nel secondo caso, invece, il meccanismo si può dire opposto:il suono raggiunge il cervello per conduzione ossea, cioè tramite la vibrazione delle corde vocali che raggiungono l’orecchio interno e di conseguenza il cervello grazie alle ossa del cranio.
Per tale motivo, quando parliamo, cantiamo, discorriamo o intratteniamo una conversazione il suono della nostra voce ci pare più profonda e intensa, al contrario al suono della registrazione ci sembra fredda, stonata o estranea e non ci piace per nulla.
Tuttavia, c’è anche da dire che la registrazione tramite meccanismi elettronici non specializzati, specie telefoni cellulari, altera la frequenza e il suono della voce, di fatto, modificandola.